Non ho mai sopportato
i secchioni. Non posso farci niente, li ho sempre considerati degli infelici.
Uno dei miei migliori amici e' stato un secchione; la mia attuale donna e' stata una
secchiona. Non li sopporto perche’ riconosco in loro la triste e
inguaribile dipendenza dal : “bravo!”.
Fortunatamente a me bravo non l’ha mai detto nessuno. Forse oggi ogni tanto
qualche amico me lo dice e non nascondo che mi fa molto piacere, ma la
dipendenza dal bravo e’ cio’ che genera i cosidetti “workaholic”, i dipendenti
dal lavoro, quelle persone palesemente malate che mettono il lavoro al di sopra
dei loro figli, del proprio compagno, dei propri interessi e quindi anche al di
sopra di loro stessi. E tutto questo per cosa?! Per sentirsi dire “Bravo!” dal proprio
capo.
Il tutto viene generato ovviamente durante il periodo scolastico, dove
il bravo lecca sempre il culo per avere la sua dose di gratificazione, mentre
il lazzarone lo sfotte, rimorchia le ragazze e crea un enorme senso di
invidia nel secchione che di reazione si isola ancora di piu’ e si applica per
andare in quell’overdose di “bravo!” che
compromettera’ per sempre la sua vita. La sua dipendenza lo portera’ di sicuro
ad una vita di successi lavorativi e ad avere un buono stipendio, ma limitera’
lo scopo della sua intera esistenza ad un unica cosa: il lavoro. Perche’ la sua
paura di non riuscire lo rendera’ diffidente da ogni campo in cui non eccelle e non si accorgera’ mai che il lavoro non ha senso se non hai una vita.
Il concetto di lavorare per vivere anziche’ vivere per lavorare dovrebbe essere
alla base di ogni paese civile. Ma a cosa serve guadagnare e lavorare se vivi
in un paese come l’Italia, dove se ti perdi il portafoglio sei piu’ preoccupato
della trafila burocratica per riavere i documenti piuttosto che per l'effettiva perdita
di denaro? A nulla. Lavorare non serve a nulla se non puoi permetterti
la bella vita. E sono assolutamente d'accordo con chi afferma che la bella vita
te la crei. Ma i dipendenti dal “bravo”, non riescono facilmente a reagire e
compiere delle azioni per loro stessi perche’, in quel caso, non ci sara’
nessuno a dirgli “Bravo!”. E allora implodono, diventano pazzi depressi e si
prostrano di fronte allo sfruttatore che gli dara’ piu’ gratificazione.
La vita
non e’ un dono, ma e’ l’unica opzione che hai (oltre al nulla, ovvio). Quindi,
caro secchione che stai leggendo, alzati dalla scrivania, esci e vatti a fare
un giro. Magari caca dietro ad una macchina per strada se ne hai bisogno. E
inizia a fregartene di cio’ che va fatto oppure no. Conta solo cio’ che tu
vuoi. Nel rispetto degli altri. Ma dato che non penso che a Roma facciano molta distizione
tra una cacata di essere umano o le innumerevoli cacate di cane che si trovano
per strada, piantala di farti le pippe mentali; “Bravo!” lo dicono coloro
che fanno finta di sapere come si fanno le cose, ma sappi che in realta’ c’e’
solo chi decide come si fanno e chi semplicemente le fa. Quindi vai, diventa libero e trova il tuo modo
di fare le cose, senza sentirti dire “Bravo!”. Anche tu ne hai diritto,
caro secchione.